Mi sono occupata di giovani nella mia vita professionale, li ho incontrati prima di tutto a scuola ma anche nei corsi di formazione professionale quando dovevano acquisire un titolo per il lavoro futuro, nei corsi per apprendisti alle prese con le prime esperienze di lavoro e infine nella formazione rivolta ai cassaintegrati quando dovevano ricollocarsi nel mondo del lavoro. Nei nostri incontri era inevitabile parlare con loro delle prospettive lavorative e di vita e molte volte, purtroppo, in alcuni di loro, traspariva diffidenza e la difficoltà di pensare al futuro in modo propositivo.
A volte il corso di formazione rappresentava uno spazio per prendere tempo e rimandare decisioni importanti, altre volte una scelta obbligata, altre ancora un ripiego.
“Vedo il mio futuro buio” dicevano alcuni giovani. Affermazione che ci obbliga ad approfondire la questione.
Non c’è dubbio che le parole che utilizziamo per descrivere una situazione influenzano il comportamento che ne segue, perché esse portano con sé l’emozione che le connota.
La percezione che negli ultimi anni i giovani hanno del futuro è fortemente influenzata dai cambiamenti della società attuale e dalla percezione che gli adulti hanno della “crisi” economica. Quale impatto il termine “crisi” può avere nei giovani?
Per esempio quando parliamo di crisi, di qualsiasi natura essa sia, trasmettiamo prima di tutto il “senso di incertezza” verso ciò che viviamo, un’incertezza determinata da una difficoltà a individuare strumenti e obiettivi per intervenire prontamente nei confronti di una situazione che viviamo come di “emergenza”.
Molte volte i genitori degli studenti che ho seguito hanno affermato che quando riflettono futuro dei loro figli pensano, prima di ogni altra cosa, alle difficoltà che essi possono incontrare, alla disoccupazione, ai problemi economici. In questo modo non si trovano in condizione di consigliare una scelta di studio o lavorativa. Il lavoro che cambia troppo velocemente rende molto spesso i genitori privi di strumenti per accedere alle informazioni e così ciò che è sconosciuto fa paura e si delinea un pessimismo verso un futuro che non si comprende più.
La rappresentazione che i giovani hanno del proprio futuro è fortemente influenzata, in questo modo, non solo dal contesto locale e politico generale ma anche dall’idea di futuro che la famiglia riesce a trasmettere loro. Un altro elemento che può influire negativamente è la disattesa delle aspettative nei passaggi dalla scuola superiore all’Università e dalla formazione al mondo del lavoro.
La mancanza di prospettive e di fiducia dei giovani verso il loro futuro li porta ad assumere più facilmente comportamenti depressivi oppure oppositivi/aggressivi che aggravano ancora di più la situazione precaria che sentono di vivere.
Possiamo immaginare di crescere giovani senza futuro? Vogliamo davvero distruggere le loro speranze?
Se proviamo a pensare che quella che noi chiamiamo “crisi” è anche un “cambiamento” della nostra società, cominciando a scoprire gli aspetti importanti di tali mutamenti, possiamo vederne non solo i punti critici ma anche le cose buone.
Ad esempio è importante “conoscere” cosa il territorio può offrire in termini di opportunità e riuscire a costruire reti con esso. Pensiamo, inoltre, alle nuove possibilità di occupazione legate, ad esempio, alle nuove tecnologie, ai social media oppure alla green economy e pensiamo ad una mobilità (non solo europea) delle giovani generazioni, più semplice rispetto al passato. Sono questi elementi “nuovi” di un lavoro che cambia e che, soprattutto, chiede competenze diverse (oltre a quelle tecniche, ad esempio è necessaria un’ottima conoscenza delle lingue straniere, la capacità di raccogliere e accedere alle informazioni, saper coltivare il proprio talento, trovare nuove idee, saper costruire un progetto professionale, avere capacità imprenditoriali).
Ricapitolando: il futuro lavorativo dei giovani è strettamente correlato con il modo in cui lo immaginano. Partendo da una riflessione sulle emozioni che si vivono in un contesto specifico, possiamo “comprendere” i problemi che si presentano e trovare nuove soluzioni. Il passo successivo è quello di conoscere il territorio e le risorse personali.